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Cinque anni di GDPR, ma ora la sfida si chiama regole per l’IA

Nel giorno dell’anniversario del GDPR (25 maggio), è bene riflettere sul ruolo importante di questa normativa come guida per regolare la trasformazione digitale. La frontiera ora da affrontare si chiama IA. L’Europa e gli USA si muovono assieme

Di Rocco Panetta

La corsa alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale è partita da tempo ormai. Le potenze globali si stanno muovendo a ritmi diversi. In UE, con il recente via libera dal Parlamento europeo, l’Artificial Intelligence Act è un passo più vicino a diventare la prima normativa onnicomprensiva al mondo dedicata all’IA. La Cina, dal canto suo, sta intensificando gli sforzi per regolamentare l’intelligenza artificiale generativa.

E ora sembra che anche gli Stati Uniti siano pronti a una decisa accelerata, anche grazie al velo sollevato dal Garante per la protezione dei dati italiano che ha avuto la forza e il coraggio di anticipare e spiazzare tutti con la sua indagine su Replika e ChatGPT, generando plauso internazionale e, tardivamente, anche nazionale.

Tutto questo mentre in Europa si celebrano i cinque anni di applicazione del GDPR, ricorrenza fondamentale anche per decifrare il futuro della regolamentazione sull’IA.

Big tech, ruolo nella strategia USA

La rinnovata e per certi versi inedita attenzione verso la normazione dell’IA che si sta registrando nelle ultime settimane oltre oceano si deve anche ad alcune importanti prese di posizione da parte dei vertici di certe big tech. Tra le dichiarazioni più incisive – e forse anche sorprendenti – primeggia certamente quella di Sam Altman, tra i fondatori e attuale CEO di OpenAI, la società che sviluppa ChatGPT, che in audizione davanti al Congresso degli Stati Uniti ha sostenuto la necessità di adottare più regole per disciplinare questo nuovo complesso di tecnologie altamente innovative.


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