di Rocco Panetta
La Cina si appresta a varare la Personal Information Protection Law (PIPL), la prima legge organica e sistematica in materia di data protection. Lo scorso 13 ottobre è stata infatti sottoposta all’Assemblea nazionale del popolo una proposta di legge in materia di protezione delle informazioni personali che a partire dal 21 ottobre e fino al prossimo 19 novembre si trova – addirittura – in consultazione pubblica.
Il testo della proposta (immediatamente tradotto in inglese), così come il contesto e il momento in cui si registra tale accadimento, sono elementi che hanno stimolato fin da subito diverse ed eterogene riflessioni. Non sono infatti mancati i primi commenti all’articolato cinese, così come gli interessanti raffronti tra questa normativa e quella che indubbiamente l’ha ispirata, vale a dire il GDPR.
Il draft della PIPL rappresenta, come detto, il primo atto formale di un procedimento che si aspettava da tempo. Senza spingersi a considerare la possibile pressione in chiave competitiva data dal contesto regolamentare internazionale (basti solo pensare che anche l’India sta andando nella stessa direzione con il Personal Data Protection Bill), e presto anche gli USA, probabilmente, si convertiranno al modello legislativo comprensivo, la spinta ad una sistemazione organica della normativa data protection sembra poter trovare una spiegazione anche solo guardando all’interno dei confini nazionali dello stato asiatico. Difatti, la molteplicità stratificata di fonti in materia (c’è chi è arrivato addirittura a contarne più di 200, sebbene molto di tale normativa è rivolta all’ambito della sicurezza informatica piuttosto che alla circolazione dei dati personali) ha probabilmente reso necessario un simile intervento in chiave sistematica.
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