di Rocco Panetta e Lorenzo Cristofaro
Molte sono le reazioni suscitate dalla decisione con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’istruttoria nei confronti di Google LLC, Google Italy S.r.l., Google Ireland Limited e la mother company Alphabet Inc., per presunto abuso di posizione dominante, in relazione alla portabilità dei dati, ai sensi dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Tralasciando in questo caso i profili antitrust, pur preminenti e centrali, relativi al principio di leale concorrenza nel mercato dei Big Data, si vogliono avanzare alcune riflessioni su alcuni impatti, meno evidenti ma non per questo meno importanti, più strettamente collegati alla normativa sulla protezione dei dati personali, derivanti dal provvedimento dell’AGCM.
Portabilità dei dati, cosa dice la normativa
L’istituto della portabilità nasce nel mercato delle telecomunicazioni, per consentire all’utente di variare operatore in ogni momento, senza ostacoli e potendo – appunto – ‘portarsi dietro’ tutti i propri dati rilevanti, per garantire piena continuità dei servizi. Il legislatore europeo l’ha mutuato tale e quale, in sostanza, nel GDPR (Regolamento (UE) 2016/679). Nella versione finale delle ‘Linee guida sul diritto alla portabilità dei dati’, adottata il 5 aprile 2017 dall’Article 29 Working Party (cioè la ‘vecchia’ veste dell’attuale European Data Protection Board), si evidenzia come il diritto alla portabilità, oltre ad ampliare il margine di controllo dei consumatori impedendo forme di ‘lock-in’ tecnologico, sia anche volto a promuovere l’innovazione e la condivisione di dati personali fra titolari del trattamento in piena sicurezza e sotto il controllo dell’interessato.
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