di Vincenzo Tiani
Il 20 gennaio il Parlamento europeo ha votato, in plenaria a Strasburgo, il testo sul Digital Services Act, la proposta di regolamento europeo con le nuove norme sugli intermediari online, big tech incluse. Non si tratta ancora del testo finale ma della posizione comune che il Parlamento metterà sul tavolo nella discussione con il Consiglio, e quindi i governi. Il primo round del trilogo, ossia la trattativa con Consiglio e Commissione, è in calendario per il 31 gennaio.
Il testo del Digital Services Act, presentato oltre un anno fa dalla Commissione europea, prevede nuove norme sulla trasparenza delle piattaforme ed obblighi di report sulla moderazione dei contenuti, dovendo informare gli utenti sulla possibilità di contestare le decisioni prese.
Le novità introdotte dal Parlamento
Una delle grandi battaglie combattute in Parlamento ha riguardato il tracciamento a fini pubblicitari. Come riferito dal Partito dei pirati, in prima linea in queste battaglie, si è introdotta l’obbligo di poter bloccare il tracciamento dell’utente quando naviga online e sulle app, un po’ come già accade su iPhone e iPad dove, con l’ultimo aggiornamento, è possibile rifiutare di essere tracciati.
Non solo: se è ormai assodato che molti servizi sono “pagati” con i propri dati personali, il Parlamento ha previsto che sia offerta la possibilità, in caso di rifiuto del tracciamento, di accedere al servizio in un altro modo che sia equo, come potrebbe essere il pagamento del servizio o la visione di pubblicità non profilata sulle preferenze dell’utente. Tale scelta ricorda quella di alcuni giornali americani che, dopo l’introduzione del Regolamento generale europeo per la protezione dei dati (Gdpr), offrivano abbonamenti di importi diversi ai lettori europei in quanto meno tracciabili. Vero è che già in passato qualcuno ha dipinto gli scenari possibili di una società in cui, per avere accesso a un servizio gratuitamente, si cede un po’ della propria libertà.
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