di Rocco Panetta
A un anno dalle prime manifestazioni della pandemia da covid-19 nel nostro Paese, il dibattito sui passaporti e pass vaccinali tocca il cuore del diritto, nel punto in cui si trova anche il confine con l’etica. Ecco perché serve una legge condivisa per garantire rispetto delle garanzie e dei meccanismi costituzionali.
L’attuale discussione, in Italia e in Europa, attorno a passaporti e pass vaccinali rappresenta un importante punto di svolta per tornare a interrogarsi sui delicati equilibri, in primis di rango costituzionale, che la pandemia da Covid-19 sta mettendo a dura prova.
Una pandemia di cui un anno fa, esattamente in queste settimane, abbiamo iniziato a conoscere la forza bruta e che ancora oggi ci assedia e ci mortifica. In quegli stessi giorni sono state adottate anche le prime misure restrittive, limitazioni e regole che in buona parte siamo chiamati ancora oggi a rispettare e che in alcuni casi sono ormai divenute delle odiose (ma tuttora necessarie) abitudini.
Proprio in quel periodo, con un articolo scritto per questa testata, rispondevo all’invito del direttore Alessandro Longo provando a prendere posizione sulle delicate sfide giuridiche ed etiche che si prospettavano all’orizzonte. Il quadro che dipinsi era proprio quello di un vero e proprio stress test della nostra Costituzione. Una prova di resistenza manifestatasi (anche) nella dialettica tra diritto alla salute e diritto alla protezione dei dati personali emersa nel dibattito sull’impiego di app per il tracciamento dei contagi.
Venendo al tema dei pass e dei passaporti vaccinali, a livello europeo, Ursula von der Leyen ha dato notizia dell’imminente presentazione di una proposta legislativa per un “Digital Green Pass” che dovrebbe consentire di provare di essere stati vaccinati, potendo altresì fornire sia il risultato dei test per quanti non abbiano ancora potuto ricevere un vaccino, sia le informazioni sulla guarigione dal virus.
…
Leggi tutto l’articolo su Agenda Digitale o ascoltalo sul nostro podcast, Panetta Tech News